venerdì 23 settembre 2011

All'amicizia- scena seconda

Lo studio del marchese è una stanza piuttosto grande, due pareti e mezzo sono occupate dalla biblioteca. Sul terzo muro, la finestra è coperta da una pesante tenda di velluto blu. Anche il quarto muro, su cui si apre la porta, è tappezzato di stoffa dello stesso colore. L'unica fonte di luce è una lampada posta su una scrivania piena di carte e libri aperti (tra questi, il De amicitia di Cicerone). Il marchese in vestaglia entra nel suo studio con aria visibilmente stressata. Prende un libro dalla biblioteca, si siede in poltrona e comincia a leggere. Qualcuno alle sue spalle allunga la mano, afferra il libro.
VOCE FEMMINILE (legge) Viviamo, mia Lesbia, e amiamo, e le chiacchiere dei vecchi brontoloni tutte insieme non stimiamole un soldo. (chiude il libro con un colpo secco)
Il marchese alza di scatto e si gira. Vede una donna giovane con i capelli sciolti che indossa una tunica e lo guarda con aria di sfida.
DONNA Apprezzare chi fa questo e quest'altro è il modo più comodo per non essere costretti a farlo. Sei ridicolo.
CORSI Ancora! Ti ho detto di lasciarmi in pace. Ti ho detto... vedi come parlo! Come se tu fossi una persona e io potessi dirti di fare o non fare qualcosa. Mi stai facendo impazzire.
DONNA (ridendo) Ti sto facendo impazzire? Vedo che logica di Aristotele te la dimentichi proprio quando ti potrebbe servire. Non mi vedresti se non fossi pazzo di già.
CORSI Zitta Angela, zitta. Va bene; cosa vuoi ancora da me?
ANGELA (gira per la stanza osservando gli oggetti; ogni tanto soffia su qualcosa per togliere la polvere) Mah sai com'è, quel marmo che sprecherai per inciderci sopra una parola sconosciuta potevi usarlo per farmi una tomba più grande. Ci è già cresciuta l'erba sopra sai mio dolce sposo, non si vede quasi più... Devo dire che a volte mi manca un po' l'aria. Ho sempre sofferto d'asma, lo sai.
CORSI Non giudicare quello che faccio. Tu mi hai sempre visto come volevi vedermi. Ti fa rabbia l'idea che possa avere dei sentimenti senza che tu te ne sia mai accorta.
ANGELA Ma vien via. Sai benissimo che quella parola non è più viva di me. Ah, ora all'improvviso sei diventato un filantropo, vuoi bene alla gente, eh? (gli dà un buffetto sulla guancia; lui la respinge con rabbia) Un bel giardino ombroso per accogliere gli amici... quali lo sai solo tu... addirittura la panchina di pietra serena! Insomma, una parte importante della tua vita, proprio tanti amori nati sulle panche all'ombra degli alberi! Non facevamo altro che stare appartati sulle panche, da giovani! E il tempietto! (ride) Il tempietto è veramente una cosa fantastica! (si mette in piedi sulla scrivania e muove le mani come se declamasse un discorso) Un regalo... ai miei concittadini... Imparerò a riconoscere i passanti... a capire quando sono tristi, quando sono innamorati, quando gli scappa da cagare, quando vorrebbero mandare a fanculo quello lì che sta sempre a spiarli...
CORSI Angela, tutte le volte che a tavola ti chiedevo il vino e tu me lo passavi ringraziavo Dio perché avevi preso sul serio una cosa che ti avevo detto.
ANGELA (scendendo dalla scrivania) Ma d'altra parte non c'è da stupirsi. Chi ha dei sentimenti li vive. Chi non sa che roba siano li celebra. Su una lapide da morto.
CORSI Ora che hai finito di sputare veleno puoi anche andartene.
ANGELA Sì, posso (fa per andarsene, si gira di scatto) Ma non ne ho voglia. Mi piace il tuo studio; non mi ci facevi mai entrare. C'è un bel calduccino. (si siede in poltrona) Comoda questa poltrona. Così la dovevi foderare, la mia bara.
CORSI Puoi prenderti la poltrona e anche tutto lo studio purché tu mi lasci in pace.
ANGELA Figuriamoci! Chissà come faresti senza Catullo, Petrarca e compagnia bella. (gli appoggia il braccio sulla spalla e gli parla all'orecchio) Senza l'amore si può vivere, ma senza gente che lo racconti no, eh? E quell'architetto? Poveraccio. Chissà che fatica starti dietro. Oh, quel viale di cipressi ti è proprio rimasto sullo stomaco! Come quando stavi per picchiare il cocchiere perché il pianoforte non entrava nella carrozza.
CORSI Avevo controllato le misure io stesso, poteva entrarci benissimo.
ANGELA Chissà cosa pensa ora di te. Prima l'hai trattato a pesci in faccia, poi all'ultimo momento ti sei ricordato di essere un uomo nuovo e l'hai invitato a cena.
CORSI Tu mi parli di sentimenti, Angela; ma scambiare la gentilezza per ipocrisia è proprio delle persone vuote che non sanno immaginare ricchezza negli animi altrui.
ANGELA E dopo questa sentenza lapidaria (vedi, si torna sempre a parlare di lapidi!) direi che posso anche togliere il disturbo. Ma tornerò presto, ti avverto; sarà molto divertente parlare della cena con l'uomo felice. Per ora felice, almeno. (passandogli una mano sul viso) A presto, mio caro.
Passa alle sue spalle; quando il marchese si gira, non c'è più.
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