venerdì 28 ottobre 2011

Note e cemento

Travi, cavi, funi, macchinari, qualche operaio. La telecamera sembra riprendere un cantiere inconsapevole. Ai miei occhi disattenti -getto un'occhiata alla televisione accesa mentre passo da una stanza all'altra- il gala di riapertura del Bolshoi di Mosca si apre con gli ultimi ritocchi tecnici prima del vero inizio.
Meno di un minuto dopo, sento prorompere un coro di voci che cantano in russo. Troppo presto perché abbiano fatto in tempo a sistemare tutto.
Torno davanti al televisore. Il cantiere è la scena teatrale. Gli operai cantano. Gli operai sono i coristi. Intonano un inno a uno zar defunto e dimenticato, o forse a un luogo collettivo restituito alla città grazie a un progetto di coesione e di passione condivisa. Seguono il ritmo incalzante dell'orchestra con l'elmetto in testa, le mani nelle tasche dei giacconi.
Sarà un gesto un po' ruffiano, chissà. D'altra parte un teatro d'opera è un luogo collettivo solo per un'élite molto ristretta, soprattutto in Russia dove la sperequazione sociale è tanto forte. E alla fin fine i coristi quei vestiti, nella loro vita reale, non li hanno indossati mai; non hanno rischiato di ammazzarsi cadendo dalle impalcature. Però mi è piaciuto il gesto in sè, il messaggio che passa. Un grazie a chi si è sporcato le mani per permettere ad altri di fare ciò che li appassiona. Una dignità restituita ai tanti uomini invisibili che non stanno sul palco ma senza cui il teatro non esisterebbe. Una rottura, almeno per cinque minuti, della distinzione tra l'alto e il basso, come dire: quello che vedete l'abbiamo fatto tutti insieme; questo luogo non è solo canto e musica, è anche legno, e stucco, e cemento, e funi.
La musica a volte è un modo per sfoggiare il prestigio, come succede a certi festival operistici; ma può anche veicolare il seme di un mondo migliore (e far traballare per il tempo di un post anche chi nei buoni sentimenti e nel mondo migliore ci crede poco, come la sottoscritta). Penso ad esempio a Zubin Mehta, che nella sua orchestra fa suonare musicisti appartenenti a nazioni diverse, anche in conflitto.

P.S. Mentre scrivo, nell'altra stanza i concorrenti dell' Eredità si arrovellano per dedurre se Mozart era più basso di Gandhi. Il mio attimo di traballamento è finito.

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