mercoledì 19 ottobre 2011

L'esistenza non si nega a nessuno

In qualsiasi manuale scolastico, nella biografia di qualsiasi autore c'è sempre un paragrafo destinato a essere dimenticato più rapidamente e spensieratamente di qualsiasi altro: quello che elenca le opere giovanili. Insomma, gli esperimenti imbarazzanti, gli aborti letterari (o filosofici, o scientifici, dipende), gli scimmiottamenti di autori idolatrati, ma anche gli scritti in cui comincia a delinearsi una concezione originale. Roba che allo studente medio non si richiede per fortuna di conoscere, ma che serve agli specialisti per capire qualcosa di più dell'autore in questione. Lo stesso vale per gli scambi epistolari, per i diari, per i pensieri sparsi. Da dove sbucano fuori? Da qualche archivio suppongo, dai cassetti di parenti e amici, da una libreria di nicchia che conserva una delle poche copie di un'opera stampata senza successo. Non sono proprio a portata di mano, ma se uno vuole sa più o meno dove trovarli.
Bene. Ora immaginiamo che tra una settantina d'anni uno studioso voglia ricostruire la formazione di un personaggio che nel 2011 si affacciava al mondo e si sbracciava per farsi conoscere. Non credo che le cose saranno così lineari. Con ogni probabilità si perderà in una valanga di strade che conducono a tutto e a niente. Infatti proprio mentre scrivo queste parole il futuro genio in questione si sta sbracciando su Internet. Nonostante quanto stabiliscono le leggi sulla privacy e sui diritti d'autore, qui la differenza tra ciò che viene e ciò che non viene divulgato, tra pubblico e privato, non è affatto netta. Internet è la più grande pattumiera democratica della storia, dove chiunque può lanciare qualunque cosa, e tutti, senza aver superato nessun esame preventivo, possono esistere con pari dignità. Almeno in partenza. Col tempo saranno gli utenti (amici su Facebook, lettori di blog, curiosi a caccia di un'informazione introvabile, gente alla ricerca di quello che offri) a farti salire o a seppellirti in qualche angolino dell'etere, finché una parola chiave ostrogota inserita nel motore di ricerca non ti fa riemergere.
La rete si forma per accumulazione; non conosce criteri di selezione, se non le visite dei naviganti; e però quello che non ottiene successo non sparisce: fa volume. Esiste, perchè l'esistenza  non si nega a nessuno; ma allo stesso tempo non esiste perché, a forza di non essere cercato, è diventato introvabile.
Ogni giorno si incrementa la massa di libere informazioni che si contraddicono, progetti abbandonati, elenchi di nomi sconosciuti, imbarazzanti elaborati di studenti messi in rete da insegnanti estasiati, emoticons sorridenti, forum di persone con lo stesso cognome, scambi di pareri sulle ragazze lituane, illeggibili tragedie ottocentesche digitalizzate. Un'enciclopedia spontanea di risposte a domande che nessuno porrà.
Un mondo ambivalente: da una parte narcisista -un modo per gridare: Io esisto!- dall'altra deferente e rispettoso: ogni contenuto che appare in rete sembra dire: Io ci sono. Chi vuole mi legga (gratis e senza impegno), chi non vuole mi ignori.
Lo spazio virtuale è illimitato. O no? Si può continuare ad accumulare all'infinito? Mi chiedo cosa ne sarà tra uno o due secoli dei prodotti della nostra mente. Forse ci saranno ancora, sepolti sotto pagine più recenti. Oppure l'etere se li sarà mangiati? Magari il nostro studioso non troverà niente sull'autore che sta studiando, ma in compenso scoprirà la bellezza della pittura sui sassi.

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Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l'inutil tempo che si perde a giuoco,
e l'ozio lungo d'uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti mai,
là su salendo ritrovar potrai.

(Ludovico Ariosto, Orlando Furioso canto 34)

P.S. L'idea di associare Ariosto alla nostra società non è mia. Lo dico per rispetto a chi ne sa più di me.

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