sabato 27 agosto 2011

Trieste

Trieste non sembrerebbe la meta più appropriata per una che ci ha messo più di un mese a leggere La coscienza di Zeno; eppure mi è piaciuta molto. Ci ho passato qualche giorno, e mi è sembrata una città dalle molte anime: luminosa nella grande piazza dell'Unità, con gli eleganti palazzi bianchi che si aprono sul mare; sfuggente nei vicoli della Città vecchia cantati da Umberto Saba; austriaca e severa nell'architettura di certi edifici, ma anche popolare, colorita, non inquadrata, come sono spesso le città di mare. Non è un luogo turistico; anzi, è come se la vita quotidiana fosse cresciuta e brulicata sopra un passato rigido e ufficiale, come l'erba sul romano Arco di Riccardo che ora è stato inglobato in una casa.
E' stato divertente cercare i luoghi delle poesie di Saba e vedere come sono cambiati. Le "erte" che saliva per contemplare la città dall'alto ci sono ancora, spesso pedonali e ingentilite dall'edera sui muri (Trieste è una città tutta in salita, stretta tra il mare e le colline, e quindi molto calda). Il caffè Tergeste, dove ripete l'ubbriaco il suo delirio, è diventato un locale fighetto. Nella Città vecchia stanno ristrutturando molte case; il che sarebbe lodevole se non fossero venuti fuori degli affari tozzi, sgraziati, con dei colori a mal di stomaco; sarebbe difficile anche per Saba, se ci passasse ora, ritrovare l'infinito nell'umiltà.

Poco lontano da questa città inquieta, disarmonica e affaccendata si trova il luogo di delizie di un sognatore di sangue blu. L'arciduca Massimiliano d'Asburgo, fratello dell'imperatore, si fece costruire nell'unico punto arieggiato di tutta la costa triestina un castello dove dedicarsi alle sue passioni: la lettura, la poesia, l'arte, la natura (i vantaggi di essere un nobile senza obblighi di governo!). Non per niente intervenne nella progettazione, dando agli architetti indicazioni sia sull'aspetto dell'edificio che sull'arredamento delle stanze. Ne venne fuori il castello di Miramare: forme solide e nette su uno sfondo indefinito dove la foschia confonde il mare con il cielo e con la costa. Tutto intorno c'è il parco romantico, con i vialetti che salgono, scendono, si diramano, si attorcigliano. Anche le piante si attorcigliano; sono tante, fitte, diverse, e attutiscono i rumori degli animali che ci si nascondono dentro, pronti a saltare via dopo averti guardato per un momento con occhi spaventati.. Nel centro, una luminosa razionalità interrompe e argina il mistero intricato della natura: il parterre aperto sul mare con le sue aiuole colorate e geometriche e le statue stagliate contro l'azzurro.
 Questo fu il piccolo regno di Massimiliano, fintanto che poteva progettare una residenza a sua immagine e somiglianza, scrivere poesie mentre le grandi finestre spalancate gli facevano entrare il mare in casa, perdersi nei viali del parco intricato; prima che il mondo reale lo travolgesse e si ritrovasse dall'altra parte dell'Oceano, sovrano deposto di un Paese sconosciuto, davanti a plotoned'esecuzione. Strana la vita.    



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