martedì 15 novembre 2011

E dopo?

Avevo deciso, in questo blog, di non parlare di politica: essendo la mia competenza molto approssimativa, e ancor più incerte e generiche le mie idee, preferisco non riempirmi la bocca di cose che non conosco. In questi giorni, però, penso che qualche riflessione venga spontanea a tutti. Soprattutto a quelli come me, che da bambini sentivano parlare di Tangentopoli al telegiornale e pensavano che c'entrassero i topi.
Siamo cresciuti in un Paese dove un solo uomo era dappertutto. Audace, teatrale, affaccendato, populista; per sua natura invadente. E dell'invadenza ha fatto il suo personale ideale.  Suoi i giornali, la televisione, il calcio, le imprese, le donne; sua la politica, anche quando non era al Governo; e, quel che è più importante, suo il dibattito. Non abbiamo mai conosciuto a destra e la sinistra, solo il berlusconismo e l'antiberlusconismo. E' diventato un po' la misura di tutte le cose; non mi viene in mente un altro politico, in democrazia, che abbia suscitato tanto entusiasmo e tanto odio personale.
Ora è finito. E' esploso come una supernova, ha negato l'evidenza finché ha potuto, si è spento. Si volta pagina, ci dicono. Sì, ma da cosa si comincia? Già di per sé la circostanza in cui ci ha lasciati è a dir poco difficile. C'è la crisi, non ci aspettano tempi divertenti. Ma c'è anche un altro problema.
In questi vent'anni la gente si è disabituata. Non si sa più cos'è una linea politica, cosa vuol dire governare, cos'è il pubblico e cosa il privato, cos'è la destra e cosa la sinistra. Ci è sconosciuta l'idea non dico del bene comune, che sarebbe chiedere troppo, ma anche solo del bene di qualcuno oltre a quelli seduti in Parlamento.
C'è chi se l'è dimenticato; figuriamoci noi che non abbiamo nemmeno avuto modelli di confronto. Da quando siamo nati tutto quello che abbiamo visto è stato: allearsi, disallearsi, contare i deputati, cercare la maggioranza, proporre leggi ad personam, contestare le leggi ad personam, discutere degli scandali sessuali, tagliare di qua, spendere di là, cambiare partito, fondare nuovi partiti, stappare la mortadella, affettare lo spumante, ancora discutere degli scandali sessuali.
Ora, dopo aver finito di rovinare questo Paese, ci dicono di salvarlo; ci raccontano che possiamo decidere il nostro futuro. Ma per quanto mi riguarda non so neanche cosa voglia dire. Forse qualcuno lo sa, speriamo.
Magari questo periodo di governo tecnico, in cui per forza di cose le riforme avranno la precedenza sui giochi politici, ci aiuterà a spurgarci, a recuperare o a trovare per la prima volta il senso delle cose; e forse entro le elezioni del 2013 qualcuno avrà costruito un progetto credibile per il "dopo".
Shelley scriveva:

                                                       O, Wind,
if Winter comes, can Spring be far behind?

Non so se è vero, ma mi piacerebbe tanto.

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