martedì 13 marzo 2012

Sono già novantanove

Come di tutti i riti scaramantici, iniziatori e goliardici, non si sa chi l'abbia inventato, né quando, né come gli sia venuta in mente una cosa del genere.
Se scrivete 100 giorni  su Google, il primo risultato è la pagina di Wikipedia sull'ultimo sobbalzo di vita del potere di Napoleone; ma per chi sta per fare la maturità i cento giorni sono quelli che mancano alla prima prova scritta. Cioè, che mancavano ieri, il 12 marzo.
Non tutti festeggiano la data, e non tutti nello stesso modo; informandomi sulle usanze di altre parti d'Italia ho sentito cose eccentriche (studenti che saltano addosso ai professori). Beh, la nostra è quella che mi piace di più. In Toscana gli studenti congestionano i treni e migrano in massa verso il mare, ufficialmente per compiere un rito piuttosto complicato: si scrive sulla sabbia il voto che si spera di prendere aumentato di dieci, e quando le onde lo cancellano ci si getta sopra il sale. Ufficiosamente, è un modo per godersi l'aria tiepida e la luce splendida del mare a marzo, quando il sole è ancora basso sull'orizzonte. Ci si prende un giorno di pausa per giocare a calcio e rotolarsi sulla sabbia prima di iniziare il periodo più duro, insieme alle persone con cui si sono condivisi quasi cinque anni e con cui si sta per condividere la prova più difficile. Sentirsi uniti e affezionati per un giorno, anche in classi lacerate da lotte fratricide.
Qualcuno sfida il clima e fa il bagno, qualcuno sfida gli dei e punta in alto al momento di scrivere il voto. I più però scelgono l'understatement, perché è meglio una piacevole sorpresa che una delusione.
La spiaggia sterminata, i gruppi contro il cielo e il mare dai confini indefiniti, la foschia della Versilia; schizzi, urla e panini con il salame.  Una passeggiata lungomare sulla sabbia ancora tiepida, l'allegria che si riposa e la malinconia che arriva; perché sempre si festeggia quello che sta per finire.

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